
Eros e Logos sono due modi di rapportarsi al mondo, due princìpi energetici che sostanziano la psiche umana e l’universo intero. Eros è passione per la vita, desiderio di incontro e relazione con l’Altro; Logos è capacità di dare un senso alla vita, desiderio di conoscenza dell’Altro. Eros è piacere, corpo, ricettività, pulsione, natura; Logos è realtà, spirito, attività, ordine, cultura. Eros è passionalità, soccorrevolezza; Logos è capacità di controllo e autodeterminazione.
Entrambi questi princìpi sono presenti in ogni essere umano, che ha il compito evolutivo di mediare simbolicamente tra essi. Esistono però consuetudini culturali che rendono questo compito difficoltoso. La società capitalistica occidentale ha rigidamente organizzato il lavoro e la famiglia in modo funzionale ai suoi scopi, assegnando alle donne il compito dell’allevamento della prole (il concetto stesso di infanzia è nato col capitalismo, e la parola proletariato rimanda a prole) e agli uomini quello della creazione di valore sociale, ideale ed economico. Una vecchia storia, ma dalla potenza sempre sorprendente: è ogni volta tragico assistere alla misandrìa/autosvalutazione della donna, che crede di essere l’unica detentrice dell’Eros e sente al contempo di non poter accedere in alcun modo al Logos che pure si dà in lei, e alla simmetrica misoginia/autosvalutazione dell’uomo, che crede di essere l’unico detentore del Logos e al contempo di non poter accedere in alcun modo all’Eros che pure si dà in lui. Quando un uomo non ha accesso al suo Eros vi rinuncia, e ne viene inevitabilmente posseduto (come Edipo dalla Sfinge, lato mostruoso, seduttivo e violento del femminile) attraverso quello che vede come un miraggio nella donna: ogni bella donna, simbolo di Eros, passione, seduzione, armonia, cura, nutre illusoriamente il suo bisogno di Eros senza mai poterlo colmare, deludendolo inevitabilmente. Allo stesso modo, quando una donna non dà valore al suo Logos vi rinuncia, e ne viene inevitabilmente travolta attraverso quello che l’uomo sembra offrirle. Ogni uomo potente, simbolo di Logos, sapienza, stabilità, valore sociale, ordine, potere, nutre illusoriamente il suo bisogno di Logos senza mai poterlo colmare, deludendola inevitabilmente.
Entrambi rinunciano senza accorgersene all’Altro principio che pure si dà dentro loro stessi e si affannano a cercarlo fuori, spinti da un bisogno che imposta tutte le relazioni in senso strumentale alla sua soddisfazione, dentro una situazione edipica bloccata nell’eterna dipendenza da un Eros o da un Logos che sta sempre altrove. Ecco quindi lo stereotipo dell'uomo ricco, forte e potente con accanto una donna bella, remissiva e servizievole, in una relazione dove l’amore è già fuori questione in partenza: la relazione infatti non è fondata su un reciproco riconoscimento soggettivo, su un desiderio di condivisione del modo unico in cui nei due Soggetti si declinano i due princìpi, ma è basata sulla pretesa, su una frustrante mancanza e su infantili e capricciosi ricatti: una relazione da subito violenta, anche se il più delle volte non esplicitamente. Più il senso di mancanza e vuoto si fanno insopportabili, più aumenta la frustrazione che nasce potente dai bisogni insoddisfatti, e più ci si acceca nell’idea che questa frustrazione sia colpa di una mancanza dell’altro, da cui ci si allontana progressivamente. Sono relazioni, in fondo, tra uomini che sottilmente odiano le donne e donne che segretamente odiano gli uomini, in cui l’odio nasce in realtà in entrambi da un originario tradimento di se stessi favorito da un’adesione senza riflessione agli schemi sociali preordinati: tu, uomo, affermati professionalmente, crea valore, fai da ponte con la società e la cultura: ti delego il mio Logos; tu donna, alleva i figli, prenditi cura della casa e delle relazioni, lavora senza mai entrare nei processi di costruzione della cultura: ti delego il mio Eros. Quando in questi contesti nascono i figli, l’atmosfera violenta, tesa, fredda, svalutante o conflittuale che respirano (ancora più confusiva quando non esplicita) li rende subito confusi e fragili e li fa sentire in costante tensione. Pian piano essi crescono pronti ad appropriarsi a loro volta dello schema sociale disfunzionale di cui hanno bisogno per darsi una struttura, schema in cui ruoli rigidi e tradizionali compensano identità fragili perché scisse in partenza. Quando sul piano affettivo le relazioni sono più soddisfacenti di così e le identità soggettive sono più sicure, sul piano evolutivo la riproduzione dello schema culturale, automatica se non si esercita una funzione riflessiva, porta con sé le inevitabili conseguenze: una nuova rinuncia inconscia a una parte di sé, autosvalutazione, bisogno, frustrazione, pretesa violenta di risarcimento come unico stile relazionale possibile, riduzione delle Soggettività a ruolo, rassicurante conservatorismo benpensante: la famiglia/cliente ideale per la società dei consumi.